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WHATSAPP E PROVVIGIONE DELL’AGENTE IMMOBILIARE

 

whatsappFoto di Anton da Pexels

 

Il patto raggiunto attraverso lo scambio di messaggi whatsapp tra le parti, provato tramite il relativo screenshot prodotto in giudizio, costituisce prova scritta dell’accordo qualora la parte interessata non ne abbia disconosciuto né la provenienza né il contenuto.

Questo è in sostanza, il contenuto della sentenza 10 agosto 2021 del Tribunale Ordinario di Milano.

DESCRIZIONE DELLA VICENDA PROCESSUALE

Con formale atto di citazione, la signora Caia proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, richiesto ed ottenuto dall’agente immobiliare, Tizio, dal Tribunale Civile di Milano per il pagamento della somma di € 21.228,00, a titolo di provvigioni per attività di mediazione immobiliare, oltre interessi legali dalla data di scadenza delle fatture al saldo e spese del procedimento monitorio.

Il mediatore si costituiva in giudizio contestando totalmente le avverse doglianze e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto.

La signora Caia motivava la sua opposizione al richiamato decreto ingiuntivo, sostenendo di essere proprietaria di un immobile in Milano e che nel 2016 – essendo intenzionata a venderlo – aveva delegato il proprio figlio, Sempronio, a trattare ogni aspetto ad essa connessa.

Senza alcun formale mandato scritto conferito all’agente Tizio, questi contattava Sempronio al fine di presentargli una persona che risultava interessata all’acquisto.

ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE: MESSAGGI WHATSAPP TRA MOGLIE E AMANTE

In relazione alle provvigioni da rendere all’agente per l’attività di mediazione immobiliare, i proprietari formalizzavano a mezzo WhatsApp il 15/12/2016, il seguente accordo “Buonasera, sono … non sto a disturbarla di nuovo al telefono… per correttezza verso di lei riguardo le sue provvigioni, di cui avevamo accennato… volentieri perché trovo giusto riconoscere il lavoro se appena posso … cioè se la cifra è nella forbice alta. Diciamo così: 1% se 590, 0,5 se 585. Non che a 580 lei non ha lavorato, ma andrei a perderci rispetto ad accettare í 575 (o magari 580 che riesco ad ottenere), con il vicino che è un privato e dunque senza mediazione. Spero che capisca il mio discorso”.

Detta proposta veniva accettata dal mediatore con la seguente risposta prodotta in atti: “Va bene”.

Nel Gennaio 2017, il mediatore consegnava alla proprietaria dell’immobile in questione, una proposta d’acquisto per totali € 580.000,00.

Detta proposta veniva accettata dalla proprietaria e nell’Aprile 2017 si procedeva alla formalizzazione della vendita dell’immobile in questione, per il valore complessivo della proposta sopra riportata di € 580.000,00.

Secondo la signora Caia, essendo il valore di vendita inferiore rispetto a quello pattuito con il mediatore al fine di far sorgere il diritto alle provvigioni di questi, nulla era dovuto a quest’ultimo dalla venditrice, limitandosi lo stesso a percepire la quota di provvigioni dovuta dall’acquirente.

LE CONCLUSIONI DEL TRIBUNALE DI MILANO

Il Tribunale ha accolto totalmente le ragioni della venditrice.

Secondo il Giudice meneghino, era da considerarsi incontestata la circostanza che la vendita dell’immobile si fosse realizzata grazie all’attività di mediazione immobiliare condotta dall’agente, tuttavia la provvigione richiesta per la conclusione dell’affare non era dovuta.

L’agente, infatti, convenuto nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, non aveva disconosciuto né la provenienza, né il contenuto dello scambio di messaggi wathsapp avvenuto il 15/12/2016 e di cui è stato prodotto in atti il relativo screenshot.

Per il Tribunale milanese, detto screenshot costituiva prova scritta dell’accordo raggiunto dalle parti in merito alle condizioni, al cui verificarsi sarebbe sorto il diritto al compenso del mediatore ed alla misura delle provvigioni medesime.

Secondo il Tribunale, pertanto, l’accordo contenuto nel citato messaggio whatsapp del 15/12/2016 doveva ritenersi perfettamente valido ed efficace tra le parti, nella sua originaria ed immutata formulazione.

Vi è da aggiungere, inoltre, che era certo che il prezzo di vendita raggiunto in sede di compravendita, fosse stato inferiore rispetto a quello pattuito per il riconoscimento di una provvigione al mediatore, il quale poteva pretendere la provvigione solamente dalla parte acquirente.

Il decreto ingiuntivo veniva, di conseguenza, revocato dallo stesso Tribunale di Milano, con ogni conseguenza di legge.

Avv. Luca Palmerini