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RECESSO NELLA MEDIAZIONE IMMOBILIARE E DIRITTO DI PRELAZIONE

Ragionando in tema di recesso nella mediazione immobiliare, quali rapporti intercorrono tra le obbligazioni assunte con l’agenzia di intermediazione immobiliare e il diritto di prelazione previsto dall’art. 38 della L. n. 392 del 1978?

Recesso nella mediazione immobiliare

 

Tale norma prevede che, nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile locato, debba darne comunicazione al conduttore, indicando il corrispettivo in denaro e le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa, affinché il conduttore possa esercitare, entro sessanta giorni dalla ricezione, il c.d. diritto di prelazione nell’acquisto del bene.

E’ possibile, però, che nelle more sia stato conferito ad un intermediatore l’incarico di rinvenire un terzo acquirente dell’immobile locato: nel caso in cui il conduttore eserciti il diritto di prelazione, quali sono le tutele per il committente e per l’agente, a fronte del conseguente recesso nella mediazione immobilare, soprattutto quanto attiene alla maturazione del diritto alla provvigione contrattualmente prevista?

Possono darsi, essenzialmente, due ipotesi distinte:

1) RECESSO DEL COMMITTENTE DOPO CHE L’INTERMEDIATORE HA GIA’ INDIVUATO UN TERZO COMPRATORE

In questo scenario, il mediatore ha già rinvenuto un terzo aspirante acquirente, col quale riesce a far concludere positivamente la trattativa con il proprietario, con accordo sul prezzo e sulle altre condizioni della compravendita. Poiché, ex lege, per il proprietario/locatore ha l’obbligo di comunicare dette condizioni al conduttore, può avvenire che questi accetti di esecitare il proprio diritto di prelazione.

Il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19226 del 28.09.2016 costituisce, in tale ipotesi, uno strumento di tutela dei diritti del mediatore.

Nella fattispecie presa in esame nella sentenza, il proprietario aveva inserito, tra le condizioni economiche di acquisto notificate all’inquilino, oltre al prezzo con le sue modalità di pagamento, anche l’obbligo in capo alla parte acquirente di corrispondere alla agenzia immobiliare, nominata con i suoi estremi nella denuntiatio, una somma pari al 3% sul prezzo di compravendita, quale provvigione mediatoria.

Ebbene, secondo la Suprema Corte, “in proposito va sottolineato che tale articolo” (art. 38 L. 392/1978) “non contiene alcuna prescrizione in ordine alle condizioni di vendita dell’immobile locato, limitando l’autonomia negoziale del proprietario venditore solo in relazione alla scelta del compratore. La disposizione in esame, in altri termini, impone al proprietario che voglia vender l’immobile locato ad uso commerciale di concludere la compravendita con il conduttore che intenda avvalersi del diritto di prelazione, ma non impone alcun limite nè alla determinazione del prezzo nè alla determinazione di “altre condizioni”, tra le quali non vi è quindi ragione di escludere la previsione di un versamento a favore di un terzo estraneo al contratto”.

In base a tale impostazione giurisprudenziale, pertanto, nel caso di specie la provvigione sarà dovuta all’agenzia intermediatrice.

2) RECESSO DEL COMMITTENTE PRIMA CHE L’INTERMEDIATORE ABBIA INDIVUATO UN TERZO COMPRATORE

Il caso in cui il diritto di prelazione venga esercitato dal conduttore prima che l’intermediatore perfezioni l’accordo con un terzo, rientra nella più ampia casistica in tema di recesso nella mediazione immobiliare.

Deve in proposito rilevarsi che la parte non ha l’obbligo di concludere il contratto, neppure alle condizioni previste nell’incarico conferito al mediatore.

Tuttavia, se il venditore recede – anche se ingiustificatamente – dall’incarico, può comunque rimanere obbligato a corrispondere un compenso all’intermediario per l’attività da questi compiuta nella ricerca di un compratore.

E’ infatti consentito alle parti di rendere “atipica” la mediazione – di per sè incentrata sulla conclusione dell’affare a fronte del pagamento di una provvigione – dando al rapporto una regolamentazione diversa, con la previsione del pagamento di un compenso al mediatore, anche in caso di recesso nella mediazione immobiliare, per l’attività esaurientemente compiuta.

Tale compenso, che sostanzialmente coincide con il danno emergente derivante dall’attività svolta, non può in ogni caso essere equiparato alla positiva conclusione dell’affare.

Secondo l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, infatti, “in materia di mediazione, ai fini della configurabilità del diritto del mediatore alla provvigione indipendentemente dalla conclusione dell’affare è insufficiente il mero ricevimento dell’incarico ma è necessario che sussista un patto ulteriore che valga a collegare tale diritto ad un fatto diverso, quale l’avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di un terzo interessato all’affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine, o anche il non esservi pervenuto, nel caso che la parte ritiri l’incarico al mediatore prima della scadenza del termine; ipotesi, queste, in cui la provvigione costituisce il compenso per avere il mediatore assunto ed adempiuto l’obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all’affare” (Cass. 15/05/2002, n. 7067).

Come valutarsi, dunque, se detta clausola sia rispettosa delle norme poste a tutela del consumatore dal Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005)?

Una soluzione a tale quesito viene fornita dalla sentenza del Tribunale Ordinario di Roma, sez. X civile, n. 19/05/2016 n° 10118.

Ritiene il Tribunale che, qualora in caso di recesso anticipato la clausola preveda un compenso identico, o comunque vicino, alla provvigione prevista stabilita per l’ipotesi di conclusione dell’affare, si verifica uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (art. 1469 bis c.c., comma 1; ora art. 33, comma 1, del Codice del Consumo).

Solo con la conclusione dell’affare, infatti, il preponente realizza il suo interesse e il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento.

L’art. 34, comma 2, del Codice del consumo esclude che la valutazione della vessatorietà possa concernere la “determinazione dell’oggetto del contratto, né l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tuttavia “tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile“: deve dunque essere contrattualmente chiarito che, in caso di mancata conclusione dell’affare per recesso anticipato del preponente, il compenso al mediatore sarà dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata.

Vi è uno squilibrio delle prestazioni, infatti, qualora il diritto al compenso sia fissato già in anticipo e indipendentemente dal tempo per il quale l’attività del mediatore si è in concreto svolta.

Avv. Emanuele Parlati

(foto da Pixabay free)