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Possibile il recupero del credito di una società estinta?

credito di una società estinta

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1724 del 26 gennaio 2021, è tornata ad affrontare il tema della sorte del credito di una società estinta, in particolare di una s.r.l., quando il credito stesso non era stato inserito nel bilancio di liquidazione.

 

credito di una società estinta

(Foto di Austin Distel su Unsplash free)

La Corte ha infatti accolto il motivo di ricorso, secondo cui “il mancato inserimento di un credito nel bilancio finale di liquidazione di una società cancellatasi dal registro delle imprese, non è sufficiente a costituire una tacita manifestazione della volontà di rinunciarvi.
Già in precedenza, rammenta la Suprema Corte, le Sezioni Unite (es. sentenza n. 6070/2013) avevano affermato che la sorte delle “sopravvenienze attive”, non risultanti dal bilancio di liquidazione, non può essere stabilita ex ante in base a una regola generale.
Al contrario, spetta al Giudice di merito stabilire caso per caso se, nella fattispecie, possa presumersi ex art. 2727 c.c. la volontà della società di rinunciare a un particolare credito.

IL caso

Nell’ipotesi di specie, una società a responsabilità limitata conveniva in giudizio una società venditrice, chiedendo che venisse dichiarata la risoluzione del contratto di vendita di un bene difettoso, con conseguente condanna alla restituzione del prezzo versato. Nel corso del primo grado di giudizio, la società attrice si cancellava dal registro delle imprese, non inserendo però nel bilancio finale di liquidazione il suddetto credito.

Ebbene, nel caso specifico, la Cassazione ha ribaltato le conclusioni della Corte di Appello, secondo la quale il credito di una società estinta, controverso e non iscritto nel bilancio di liquidazione, “automaticamente” si doveva considerare rinunciato per facta concludentia.

Al contrario, è un principio giuridico ben affermato quello per cui l’estinzione della società da vita a un fenomeno successorio in favore dei soci pro indiviso.

Non solo: è ammissibile la presunzione che la società rinunci ai crediti residui attivi: ma tale rinuncia non può desumersi, ipso fatto, dal solo mancato inserimento nel bilancio finale di liquidazione.

“La remissione del debito”, sostengono gli Ermellini, “è pur sempre un atto negoziale che richiede una manifestazione di volontà”. Essa, ovviamente, “potrà anche essere tacita, ma deve essere tuttavia inequivoca. Il silenzio, infatti, […] non può mai elevarsi a indice certo d’una volontà abdicativa o rinunciataria di un diritto.”

E dunque, conclude la Suprema Corte, “la mancata apposizione d’un credito nel bilancio finale di liquidazione, tuttavia, non possiede i suddetti requisiti di inequivocità.

“Essa infatti potrebbe teoricamente essere ascrivibile alle cause più varie, e diverse da una rinuncia al credito”.

Avv. Emanuele Parlati