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LOCAZIONI: PATTUIZIONE DI UN CANONE INFERIORE

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In ambito di locazioni di immobili ad uso abitativo, è legittima la pattuizione di un canone inferiore rispetto a quello equo, a condizione che risulti in modo “non equivoco” la volontà di derogare ai criteri di cui all’art. 12 della L. 392 del 27.07.1978.

Detta norma, infatti, limitandosi a stabilire l’ammontare massimo del canone locativo, consente alle parti di accordarsi su di un qualsiasi canone inferiore.

Questo è il principio di diritto stabilito dalla ordinanza n. 36247 del 23 Novembre 2021 della Sezione 3° Civile della Corte di Cassazione in ambito di locazioni di immobili ad uso abitativo.

CASO PROCESSUALE

Con ordinanza n. 29834 del 2017, la Corte di Cassazione aveva cassato la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Perugia aveva riconosciuto il diritto del locatore ad ottenere dal conduttore la differenza tra il canone effettivamente pagato e quello corrispondente all’equo canone legale. Nel caso di specie, infatti, le parti avevano originariamente concordato un importo a questo inferiore.

In sede di rinvio, la Corte d’Appello di Perugia, aveva rigettato la domanda del locatore avendo accertato che il canone inferiore a quello equo fu volontariamente pattuito, nella insussistenza di qualsivoglia errore del locatore nella ricognizione dei parametri di commisurazione del canone legale.

Contro detto provvedimento, il locatore proponeva rituale ricorso per cassazione. Con il suddetto ricorso, il locatore lamentava il fatto che il Giudice del rinvio non si fosse conformato al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte, per avere ritenuto sia che l’errore nella pattuizione del canone non fosse stato eccepito, sia che esso non vertesse su un profilo tecnico relativo ai criteri per la determinazione dell’equo canone.

In particolare, il conduttore sosteneva che valorizzando il profilo squisitamente tecnico di tale errore, la Corte di merito avrebbe dovuto constatare che non era stata espressa, in modo inequivoco, la volontà del conduttore di derogare all’applicazione del canone equo ricalcolato dal Consulente Tecnico d’Ufficio.

LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE

La Corte di Cassazione, con la richiamata pronuncia, ha ritenuto fondato ed ha, quindi, accolto il terzo motivo di ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata, fissando il seguente principio di diritto “con riguardo alle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, la pattuizione di un canone inferiore a quello equo – quale espressione del potere di autonomia contrattuale – è lecita ove risulti in modo non equivoco la volontà di derogare ai criteri di cui all’articolo 12 legge n. 392 del 1978.

Detta norma, il quale, limitandosi a stabilire l’ammontare massimo del canone locativo, consente alle parti di accordarsi su di un qualsiasi canone inferiore”.

Per detto principio, per gli effetti dell’art. 384 co. II c.p.c., il Giudice di rinvio doveva uniformarsi, essendo allo stesso solo demandato di esaminare la fattispecie alla luce di esso.

SE IL LOCATORE NON RICHIEDE I CANONI PER LUNGO TEMPO?

 

Ciò non si era verificato nel caso di specie, poiché il Giudice di rinvio, sebbene di fronte alla stessa ricognizione del fatto, aveva applicato una regola di giudizio palesemente differente rispetto a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione ed idonea a condurre ad esiti pratici opposti.

In ambito di oneri probatori, la ordinanza della Suprema Corte aveva stabilito che la volontà di deroga rispetto al canone equo non può presumersi – salvo prova contraria (vedi il caso di “errore”) –  ma deve essere inequivoca e, pertanto, anche positivamente accertata.

E’ vero che la “inequivocità” della volontà di deroga può desumersi anche da elementi presuntivi – a condizione che dette presunzioni siano gravi, precisi e concordanti. E’ altrettanto vero, però, che non basta il semplice “silenzio” o la “assenza di prova contraria” per far caratterizzare la volontà di deroga dalla inequivocità; sussisterebbe, infatti – in tal caso – una situazione di incertezza la cui risoluzione rimanda, necessariamente, alla regola di riparto dell’onere probatorio.

Avv. Luca Palmerini