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L’ACCERTAMENTO DEI REDDITI NON DICHIARATI MEDIANTE ACCERTAMENTI PRESSO TERZI

accertamento dei redditi non dichiarati

E’ legittimo l’accertamento dei redditi non dichiarati, da parte dell’amministrazione tributaria, utilizzando i dati acquisiti dall’escussione di soggetti terzi. E’ quanto conferma la Corte di Cassazione con la recentissima Ordinanza 30 aprile 2021, n. 11404 (QUI il testo integrale).

 

accertamento dei redditi non dichiarati

(Foto di Clark Young su Unsplash free)

Un esercente attività di commercio all’ingrosso impugnava la sentenza della CTR che aveva confermato la fondatezza di un avviso di accertamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate. Tale accertamento rideterminava il reddito d’impresa alla luce della documentazione reperita presso una società terza, attestante l’esecuzione di operazioni commerciali in nero con la contribuente.

In particolare, l’esercente lamentava che l’accertamento dei redditi non dichiarati si era fondato sulla base di meri indizi, costituiti da 16 anonime “pen drive”, rinvenute presso il terzo, in assenza di riscontro nella propria contabilità.

La Corte di Cassazione, come detto, rigettava il ricorso.

Infatti, “l’azione accertatrice del fisco in ordine al corretto assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti si vale di un ampio ventaglio di strumenti istruttori e conoscitivi“. Sulla scorta di essi, può “ricorrere in larga misura alle informazioni attingibili presso i terzi, che, in ragione dei rapporti intrattenuti con il contribuente, vengono a costituire, per mezzo dell’incrocio dei dati contabili rinvenuti presso ciascuno, strumento di immediata verifica della fedeltà fiscale del soggetto verificato“.

“I poteri che l’Amministrazione è chiamata ad esercitare, in questo disegno inteso ad assicurare alla sua azione il più esteso campo d’azione […] non trascurano più in generale qualsiasi terzo che al contribuente risulti legato da una pregressa attività“.

L’Amministrazione, dunque, è depositaria di un ampio potere conoscitivo. Esso, in piena discrezionalità e con i soli limiti imposti dal rispetto dei diritti costituzionali, le consente di organizzare le attività di controllo in modo particolarmente capillare.

E’ dunque legittima la determinazione dei ricavi effettuata in modo analitico-induttivo anche in presenza di una contabilità formalmente corretta. Ciò a condizione che ne sia provata, in base ad altri dati e notizie raccolti nei modi prescritti dagli artt. 32 e 51 cit., l’intrinseca inattendibilità.

Pertanto, a fronte della presunzione ricavata dalla documentazione reperita presso terzi, è onere del contribuente provare l’infondatezza delle contestazioni. E, a tal fine, non può essere sufficiente, per l’appunto, “la regolarità formale della contabilità tenuta dal contribuente“. E’ questi, infatti, che è tenuto a dare la prova dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa erariale.

Avv. Emanuele Parlati